La sveglia suona, ma io ho gli occhi aperti da un po’. Mi giro e rigiro nel letto senza trovare una posizione, la voglia di alzarmi, stamattina, sembra che faccia fatica ad arrivare, un po’ perché è bello il tepore che c’è nel letto e un po’ perché fuori fa brutto. Anzi, piove a dirotto… poi una voce fuori campo mi dice “ma non stare a guardare la pioggia che riga le tue finestre”, allora mi alzo a trovare un po’ di ottimismo e di bellezza in questa giornata che sembra scorrere con lentezza.
Il caffè sta borbottando, il suo odore invade la cucina e il suo aroma mi inonda la mente. Come dal nulla, inaspettatamente, il mio cervello si aziona, inizia a viaggiare e un piccolo cassetto della memoria si apre. All’ improvviso mi ritrovo a fare colazione a Napoli, sulla terrazza dell’hotel, circondata da tavolini coperti da tovaglie di un bianco candido e un buffet di dolci e salati fuori di testa!
Piano piano mi affiorano tutti i ricordi di quei quattro intensi giorni passati a camminare in una città da cartolina meravigliosa, ma anche piena di contraddizioni; a visitare il maggior numero di mostre, monumenti e chiese e a mangiare tutto quel ben di dio, come se non ci fosse un domani. Eh sì! Perché quattro giorni sono pochi per una città come Napoli, ha troppi cuori da scoprire e tutti i suoi angoli sono interessanti, ma così diversi tra loro che quasi faccio fatica a trovare le parole giuste per descriverli. Napoli, la città divisa in due, non solo per la Spaccanapoli, dove da una parte si trovano i monumenti storici e dall’altra si tocca una realtà più pittoresca, quella dei quartieri spagnoli. Ma anche per i suoi contrasti. Io la chiamo la città italiana sudamericana, perché è una città di colori, ma con lati oscuri; di profumi ma anche di odori, a volte non troppo gradevoli; di schiamazzi e di sguardi. Insomma, un teatro di vita a cielo aperto, dove non si rispettano molte regole, ma regnano contemporaneamente l’allegria e la disperazione, il buon gusto e il degrado, l’arte con le sue memorie storiche e il caos dei segni della modernità.
Panorami e scenografie mozzafiato! E certo c’è il mare, lui così romantico e malinconico, ma anche un luogo di passaggio e di confusione; le isole fluttuano in lontananza come nuvole; e i monti con il diadema Vesuvio la incoronano.
SBAM! La tapparella della finestra della cucina sbatte forte chiudendosi. E’ il vento che l’ha chiusa, ha scombussolato tutto in un istante e mi ha riportato “sulla terra”, anche se solo per poco.
Stendo il bucato e la mia mente ritorna dove l’avevo lasciata. Sono tra i vicoli di Napoli con i panni puliti che penzolano, così sfacciati e caratteristici, dai balconi. Dalle abitazioni proviene un profumo, a dir poco succulento e squisito, di sugo di pummarola, e subito mi viene voglia di accompagnare i passi con del cibo. Vago senza meta strusciando i piedi e sono completamente avvolta e invasa dai colori e dagli odori. Dei ragazzi mi passano accanto mangiando della pizza, sicuramente la regina del cibo di strada, ma oggi ho voglia di qualcosa di diverso. Mi faccio trasportare dal profumo che fuoriesce dalle taverne e dalle bancherelle ambulanti fino ad arrivare davanti ad un “tempio”. Entro nella friggitoria e mi prendo un cuoppo di mare, un cartoccio di frittura stratosferica di seppioline, calamari, gamberi, baccalà e zeppoline di bianchetti. Una poesia commuovente che fa venire i brividi. Continuo a passeggiare mangiucchiando qua e là tra turisti e motorini, ora tutto ha un altro sapore e quasi mi sembra di essere una napoletana.
“A Napoli quando i ragazzi incontrano le ragazze dicono: quando la luna ti fa spalancare gli occhi come una grande fetta di pizza, questo è amore; quando il mondo ti sembra splendere come se avessi bevuto troppo vino, questo è amore” [Dean Martin].
E’ proprio vero! Quanto siamo legati al cibo noi italiani, amiamo mangiare e spesso lo facciamo anche bene. Beh sfido chiunque a non farlo con il patrimonio gastronomico che possediamo, ma lo vediamo anche come momento di socializzazione e di convivialità. Si dice sia uno dei piaceri della vita. Per me sicuramente è diventato parte integrante della vita. È un amore autentico fatto anche di capricci passeggeri; si fa cercare e desiderare continuamente senza deludere mai.
I miei ricordi come sono arrivati se ne sono andati. Puff! Svaniti! Ma non posso fare a meno di sorridere. La voglia di cucinare prende il sopravvento. In pentola si sente il sugo pippiare spostando il coperchio, e penso che sia il suo modo per dirmi: guarda che io sono pronto, cosa aspetti a calare la pasta?